Hotel Resort


Era stato un finesettimana di passione e solo adesso, sulla strada del ritorno, Arturo sentiva incombere su di lui la stanchezza dovuta a quelle notti insonni.

Più di una volta la palpebra era calata sostituendo alla monotona corsia autostradale un placido e alettante buio che conciliava il sonno. Ogni volta era stato in grado di reagire in tempo, ma era ovvio che la cosa non poteva andare avanti così.

Era inutile e rischioso proseguire in queste condizioni quel lungo viaggio nel cuore della notte. Decise che fosse più salubre uscire al primo svincolo e cercare un piccolo albergo in cui trascorrere il resto della notte, tutt'al più un'area di sosta dove poter pisolare un'oretta.

Arturo vide un cartello stradale che preannunciava un'uscita, inserì la freccia a destra a cominciò a sterzare. La doppia curva a esse fece dondolare l'auto e ninnare il conducente, a quel punto fu naturale calare la palpebra. Un attimo, un solo istante in cui l'auto scivolò dritta contro il paracarro a protezione della cabina del pedaggio.

L'esplosione dell'air-bag fece destare nel peggiore dei modi l'autista.

Ripresosi dallo spavento, Arturo slacciò la cintura di sicurezza ringraziando Dio d'essersi rammentato di metterla. Una volta sceso dalla vettura l'iniziale gioia si trasformò in sconforto, perché la sua adorata auto era ridotta a poco più d'un rottame.

Un'aria irreale aleggiava su tutto ciò. Nessun casellante. Nessuna altra vettura in entrata o in uscita. « C'è qualcuno? » Chiese timidamente, senza ottenere in cambio una risposta.

Preso atto che l'auto era inutilizzabile, Arturo s'incamminò verso l'uscita dell'autostrada che portava ad un lungo tunnel che fungeva da sottopasso. Aguzzando la vista per intravvedere una direzione da imboccare in quel buio, intravide nel fondo una luce. Istintivamente la seguì.

Giunto di nuovo all'aria aperta, la debole luce iniziale cominciò ad assumere i contorni di un'insegna al neon. Proseguendo l'involontaria passeggiata, l'insegna cominciò a comporre la scritta HOTEL RESORT.

« Finalmente un po' di fortuna! » Esclamò rincuorato.

Dopo qualche minuto anche la grande cancellata in ferro battuto che circondava l'albergo, cominciò a svelare le proprie forme.

Arturo notò che non si trattava di un semplice hotel ma di un articolato centro benessere: piscine termali, saune, solarium, palestre, centri massaggio e altro ancora emergevano tra gli alberi di un immenso parco sotto forma di chalet.

Tutto sommato un luogo di cui rammentare la collocazione per un fine settimana benessere o per una breve vacanza con l'obiettivo di ritemprarsi dallo stress del lavoro.

La vettura distrutta e lo spavento sembravano ormai lontani. Accelerò il passo per placare l'ansia di poter albergare il più presto possibile in quel luogo, anche se per una sola notte.

Una stradina in leggera salita in terra battuta e ghiaia descriveva, con il candore bianco delle pietre calcaree di fiume, una serie di ghirigori al cui termine s'apriva a forma di bovindo l'ingresso dell'hotel.

Giunto al cospetto dell'entrata, solo il leggero sibilo rivelò lo slittare lento di due vetrate trasparentissime che fungevano da porte.

Il salone che costituiva la reception era luminoso, elegante e spazioso. Lì ci sarebbe stata comodamente non solo la sua villetta ma anche il giardino.

Un ampio scalone s'attorcigliava su se stesso salendo ai piani superiori e un ascensore in cristallo fungeva da virtuale asse di quella spirale.

La hall sembrava deserta. Arturo si diresse al bancone e, con la pressione del palmo, fece trillare il campanello del concierge.

La parete uniforme rivelò all'improvviso la presenza di una porticina da cui uscì un signore piuttosto avanti con l'età. Indossava una livrea di foggia vagamente militaresca così bianca da abbacinare la vista.

Istintivamente Arturo protesse con la mano gli occhi che non s'erano ancora abituati a tutta quella luce dopo essere stati per tanto tempo al buio.

CONTINUA